F. Mora, Religione e cultura: l'impatto della Riforma, Messina 2004, pp. 390, ISBN 978-1979925808
Al termine della nostra indagine ci troviamo nuovamente davanti alla questione fondamentale della trasformazione del rapporto tra religione e cultura operata dalla Riforma, con alcuni risultati.
1. Il prisma di soluzioni diverse in cui si infrange il precedente equilibrio: accentuazione cattolica della sacralità oggettiva come sfera di competenza di specifici specialisti (sacerdoti); insistenza luterana, calvinista ed anglicana sulla trasmissione ed assimilazione, in una profonda opera di acculturazione, di contenuti mentali ben formalizzati, combinata con gradi diversi di sacralità oggettiva; autoaffabulazione fuori dai vincoli della cultura formale nelle scelte di una qualità superiore di vita cristiana, con alterazione dei rapporti sociali, che sono proprie della riforma anabattista e del non conformismo; in una fase successiva, reinvenzione dei rapporti sociali e della cultura religiosa, fuori dai parametri tipici della cultura europea nel protestantesimo americano.
2. Il complessivo venir meno della fuga dal mondo – da un mondo sempre più complesso e sempre più pienamente dominato, da ridurre gli spazi di fuga – sia nel protestantesimo che apertamente rifiuta il monachesimo sia nel cattolicesimo che fondamentalmente lo conserva, ma dove alla conservazione delle tradizionali forme monastiche si giustappone una diversa dinamica, molto specializzata, dei nuovi ordini religiosi.
3. La diversa ampiezza dei soggetti confessionali: l’universalismo per astrazione dalle singole culture del cattolicesimo, il carattere monoculturale del luteranesimo, la pluralità di controculture geograficamente marginali del calvinismo, la marginalità subculturale della riforma radicale e del non conformismo.
4. La varietà dei processi autoriali all’origine delle codificazioni confessionali.
5. La specifica evoluzione della religione, come rottura di livello (che permette cioè, nel rapporto con l’Altro, di trascendere il livello umano). La frattura è molto netta tra il cattolicesimo (che conserva la sacralità oggettiva dominata dai suoi specialisti sacerdotali come l’ambito pressoché esclusivo di questa rottura di livello di cui i laici sono beneficiarii passivi, che ne fruiscono senza poterla direttamente operare) e la riforma non radicale, incentrata piuttosto sull’acculturazione religiosa che rende consapevoli le masse della novità e della salvezza cristiana, pur conservando una qualche rottura sacramentale di livello. Una diversa pratica di vita, che non esclude una qualche ritualità sacramentale ed una più importante autoacculturazione evangelica, ci sembra invece al centro dell’esperienza religiosa della riforma radicale e non conformista, fino a rappresentare una forma particolare di rottura di livello, quale negazione della completezza ed autosufficienza, finanche della legittimità, della cultura mondana, compresa quella cristianizzata dalle altre confessioni.
6. L’evoluzione culturale, che contrappone il protestantesimo europeo (con la sua profonda assimilazione e distribuzione del testo biblico, quale codice sorgivo di un sistema rinnovato di rappresentazioni mentali) al cattolicesimo chiuso in un sistema giuridico-rituale, funzionale al potere religioso clericale.